Papa Francesco e il Paradiso per gli animali. Ora più che mai, sempre più “fedeli”!
Voglio presentare questo blog nel modo migliore e più descrittivo, con un articolo, che parla proprio del perfetto connubio tra uomo e animale, superando il limite maggiore che l’uomo ha sempre posto per rendersi “superiore” all’animale: l’anima e la questione religiosa!
Lo scorso novembre hanno fatto molto scalpore le parole riportate da giornali quali Corriere della Sera, New York Times, la Repubblica e Huffington Post, sull’apertura al Paradiso per gli animali da parte del Papa.
“Andremo in Paradiso come gli animali” o “Il Paradiso è aperto a tutte le creature” sono stati i titoli di stampa italiana e straniera, che hanno scosso il mondo religioso e non solo, su una questione più volte presa in considerazione e dove la stessa chiesa non sempre ha seguito la stessa posizione.
Tra gli ultimi Pontefici, infatti, possiamo ricordare le parole di Paolo VI (pontefice dal 1963 al 1978): “Un giorno rivedremo i nostri animali nell’eternità di Cristo“, rispose Paolo VI ad un bambino che piangeva per la morte del suo cane. pensiero ripreso successivamente in una catechesi: “Gli animali sono la parte più piccola della creazione divina, ma noi un giorno li rivedremo nel mistero di Cristo“.” e in un discorso rivolto ai Medici Veterinari: “per la cura prestate agli animali, anch’essi creature di Dio, che nella loro muta sofferenza sono un segno dell’universale stigma del peccato e dell’universale attesa della redenzione finale“. Anche Giovanni Paolo II nel 1990 ricordò: “la Genesi ci mostra Dio che soffia sull’uomo il suo alito di vita. C’è dunque – disse – un soffio, uno spirito che assomiglia al soffio e allo spirito di Dio. Gli animali non ne sono privi”. Linea più tradizionalista, invece, per Benedetto XVI: “mentre nelle altre creature, che non sono chiamate all’eternità, la morte significa soltanto la fine dell’esistenza sulla terra, in noi il peccato crea una voragine che rischia di inghiottirci per sempre, se il Padre che è nei cieli non ci tende la sua mano”.
Lo scorso 26 novembre Papa Francesco ha voluto dare una prospettiva di paradiso e aldilà a tutte le creature di Dio, frenando le parole di Papa Benedetto e invece continuando i pensieri dei suoi predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II con la frase “…la Sacra Scrittura ci insegna che il compimento di questo disegno meraviglioso non può non interessare anche tutto ciò che ci circonda e che è uscito dal pensiero e dal cuore di Dio.”(estratto dall’udienza generale del 26/11/21014), aggiungendo e spiegando ai fedeli che non devono avere paura, perché “il paradiso è aperto a tutte le creature e lì saremo investiti dalla gioia e dall’amore di Dio, senza limiti. E’ così bello pensare di stare faccia a faccia con lui che dà forza all’anima”.
Su questo parole si sono divisi vari teologi e studiosi. I più tradizionalisti e legati alla teologia in senso stretto hanno affermato che le parole di Francesco vanno “interpretate” mentre altri hanno asserito che il Papa abbia preso chiare posizioni. Addirittura in un articolo del New York Times, Sarah Withrow King, dice che la posizione del Pontefice potrebbe spingere i cattolici a diminuire il consumo di carne.
Qualunque siano le diverse opinioni e punti di vista, fa così tanto paura, ad alcuni uomini di chiesa, la prospettiva di cani in paradiso? Non dimentichiamoci che nella Genesi l’uomo era stato creato a somiglianza di Dio, e doveva dominare le piante e gli animali, ma rispettandoli e proteggendoli. Perché invece, a volte, in nome di una presunta nostra “superiorità”, anche erroneamente coadiuvata dalla religione, li maltrattiamo, li sfruttiamo, anziché proteggerli? Andiamo anche contro il volere di Dio oltre che al senso di “umanità” che dovrebbe ulteriormente contraddistinguerci.
Papa Francesco, colui che non a caso porta il nome del Santo che tanto amava gli animali (San Francesco d’Assisi), forse potrà chiarirci questa posizione, quando, questa estate, uscirà la sua Enciclica sulla Natura e sull’Ambiente.
L. di Gaeta