Calicivirosi del Gatto

gattomonacoConosciamo il calicivirus, colpevole di sintomi come rinite, starnuti, lesioni oculari e nasali nei nostri giovani gatti!
Il calicivirus è il responsabile della malattia contagiosa, che determina infezione acuta e subacuta delle prime vie respiratorie e del cavo orale frequentemente associata a un sindrome febbrile e accompagnata da zoppia,  denominata, appunto Calicivirosi.
Isolato per la prima volta nel 1957 viene denominato Feline Calicivirus (FCV).

 

1. Eziologia.
2. Epidemiologia e Trasmissione.
3. Patogenesi e Sintomatologia.
4. Diagnosi.
5. Prognosi.
6. Terapia.
7. Profilassi e Immunità.

Eziologia
FCV è un virus molto piccolo, misura 32-40 nm di diametro, ha una simmetria icosaedrica, sprovvisto di envelope, presenta un RNA monocatenario lineare a polarità positiva. Esiste un solo sierotipo e numerose varianti. Può essere coltivato facilmente e con diverse tecniche, e replica con velocità sorprendente.

Epidemiologia e Trasmissione
Colpisce maggiormente gatti, o comunque felidi selvatici o domestici sotto l’anno d’età. L’incidenza aumenta con l’aumentare della densità felina (gattili, pensioni, pet-shop). L’uomo non è sensibile all’infezione.
Penetra per via orale ed è frequentemente isolato nella mucosa oro-faringea anche dei gatti sani, che sono spesso portatori asintomatici del virus. L’eliminazione avviene attraverso l’espulsione del virus attraverso l’orofaringe, per periodi variabili da 30  giorni o anche per tutta la vita. Attraverso saliva e secrezioni nasali e oculari, raramente anche attraverso feci e urina. Spesso i gatti guariscono completamente interrompendo l’eliminazione del FCV.
La trasmissione avviene per via orizzontale, in maniera diretta (secreti ed escreti) e indiretta (leccamento, scodelle). Questa è facilitata dalla quantità di virus eliminato, dall’intimità dei contatti e dalle condizioni ambientali (umidità, temperatura).

Patogenesi
La penetrazione del virus nell’organismo avviene per via orale, e/o respiratoria, attraverso starnuti e secrezioni nasali dei gatti infetti. Come già detto la sua prima localizzazione è l’orofaringe e dopo un paio di giorni di incubazione può provocare una viremia che si manifesta inizialmente con rialzo febbrile e scolo nasale e oculare prima sieroso e poi mucopurulento.
La patogenesi della sindrome clinica caratterizzata da febbre, viremia e zoppia non è nota.

Sintomatologia
Abbiamo diverse forme: asintomatiche, respiratorie maligne e sindromi severe spesso mortali.
L’incubazione varia da 1 a 10 giorni, di solito 2-4. Sia la sintomatologia che l’incubazione sono correlati al livello degli anticorpi materni presenti al momento dell’infezione.
I sintomi iniziali sono febbre, anoressia, letargia e arruffamento del pelo. Seguono ulcere orali (lingua, palato duro, gengive, labbra), alle narici, raramente zampe, cuscinetti plantari, zampe e tra le dita. Inoltre sintomi all’apparato respiratorio, come rinite, starnuti, dispnea scolo nasale e oculare (dapprima sieroso, poi muco-purulento).
Oltre questi sintomi, possiamo averne anche lesioni alla mucosa congiuntivale, nasale e faringea dove potremmo avere infiltrati sottoepiteliali di neutrofili, linfociti e plasmacellule. Possono esserci anche polmoniti (polmone umido aumentato di volume, con epatizzazione rossa lobale e lobulare).

Diagnosi
La diagnosi di sospetto si può basare, clinicamente,  sull’osservazione dei segni clinici. Questi devono avere diagnosi differenziale con clamidia psittaci e reovirus in primis, ma anche con altre patologie batteriche e virali a carico delle vie aeree.
La diagnosi di certezza ci può venire dagli esami virologici (microscopia elettronica e isolamento delle cellule) e da esami sierologici (sieroneutralizzazione ed Elisa). Purtroppo gli esami sierologici sono poco diagnostici, in quanto la maggior parte dei gatti presenta anticorpi per la FCV (materni o vaccinali), quindi ci sarebbero dei positivi non rilevanti dal punto di vista diagnostico.

Prognosi
La mortalità è relativamente bassa (5%), e colpisce soprattutto i gattini. Purtroppo complicanze come presenza concomitante di altri agenti come di rinotracheite infettiva, panleucopenia infettiva, chlamydiosi, mycoplasmosi, e altri batteri, ne aumentano considerevolmente la mortalità (80%). Ovviamente hanno una prognosi sfavorevole anche agenti molto virulenti e animali giovani e condizioni ambientali che favoriscono lo sviluppo virale (umidità, temperatura, ecc.)


Terapia
Come tutti i virus non esiste una terapia per eradicazione dell’agente.
Quindi avremo una terapia di sostentamento come fluidoterapia negli animali poco idratati e nutriti; antibiotici per evitare contaminazioni secondarie da batteri; alimentazione forzata più o meno liquida per quei soggetti che soffrono di dolori al cavo orale per le lesioni e ulcere; pomate e creme per le lesioni cutanee; colliri per quelle oculari; in alcuni casi sono consigliati anche mucolitici per le vie respiratorie.
Ma sarà sempre il sistema immunitario dell’animale a dover fare il lavoro migliore!

Profilassi e Immunità
Gli anticorpi materni giocano un ruolo importante nell’immunità dei gattini.
Gli AC materni sono persistenti nel sangue dei gattini per circa 3 mesi, ed hanno, però, un’immunità che varia dalle 3 alle 9 settimane. Ovviamente il tempo e l’immunità giovanile è relativa al titolo anticorpale dei genitori, e una consequenziale eventuale infezione e la sintomatologia è molto variabile.
In commercio esistono vaccini per immunizzare i soggetti dopo questo periodo post natale, spesso associati ad altri ceppi virali, con polivalenza a più agenti. Questo per dare una immunità a uno spetto più ampio di agenti virali con una sola somministrazione.
Quindi è consigliato un primo vaccino a 9 settimane e un secondo a 12 settimane, con un conseguente richiamo dopo un anno. In alcuni casi è consigliabile anche un terzo vaccino a 16 settimane (quando si hanno soggetti in zone ad alto tasso di infezione). I soggetti guariti dalla malattia, anche se hanno avuto una immunità temporanea, non sono protetti per tutta la vita quindi è sempre bene vaccinarli.
Il calicivirus è persistente nell’ambiente anche per più di un mese, quindi è bene introdurre un nuovo soggetto dopo un periodo di quarantena. FCV oltre a resistere nell’ambiente per molto tempo è anche resistente alla maggior parte dei disinfettanti chimici, utile sarebbe l’ipoclorito di sodio (candeggina) al 5%.

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